Ci sono tutte le condizioni affinché l’economia italiana possa migliorare significativamente, con la crescita del prodotto interno lordo, quest’anno stimato in aumento del più 0,7-0,8%, che nel 2025 dovrebbe raggiungere quota più 1,2-1,3%. A spingere l’accelerazione del pil dovrebbe contribuire principalmente la diminuzione del costo del denaro nell’area euro, al momento al 4,5%, che la Banca centrale europea dovrebbe ridurre nella riunione fissata per il prossimo 6 giugno. È quanto prevede il Centro studi di Unimpresa, secondo cui la spinta economica sarà favorita da altri tre fattori: il recupero di potere d’acquisto delle famiglie, la ripresa del commercio mondiale e l’aumento della spesa finanziata dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). «Nel momento in cui ci avviciniamo alla fine degli effetti della stretta monetaria, cerchiamo di guardare con ottimismo al futuro economico del nostro Paese. Gli indicatori attuali ci offrono segnali incoraggianti su diversi fronti fondamentali, che dovrebbero sostenere una crescita robusta del pil nel 2025, che il nostro Centro studi stima fino all’1,3%. Il recupero del potere d’acquisto delle famiglie, anzitutto, è un segnale particolarmente positivo. La ripresa del commercio mondiale, poi, è una notizia benvenuta per le nostre imprese: l’aumento dei volumi di importazione è un chiaro segnale che l’economia globale sta ritrovando il suo slancio, il che offre nuove opportunità per le nostre aziende esportatrici. Il Pnrr rappresenta un’opportunità unica per modernizzare le nostre infrastrutture e stimolare la crescita economica: il governo guidato da Giorgia Meloni ha mostrato un impegno deciso nell’implementazione dei progetti, e questo impegno deve essere mantenuto e rafforzato; le opere infrastrutturali non solo creeranno posti di lavoro, ma avranno un effetto moltiplicatore sull’economia, rafforzando la competitività del Paese» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, sono quattro, dunque, i fattori che dovrebbero combinarsi per stimolare una ripresa economica più solida e sostenibile per l’Italia, segnando un punto di svolta dopo un periodo di incertezza economica. Ecco qui di seguito i dettagli.
Riduzione del costo del denaro: la Bce potrebbe avviare, il prossimo 6 giugno, una riduzione del costo del denaro attualmente fissato al 4,5%. Si prevede che entro la fine del 2024 l’Eurotower possa implementare due o tre tagli dei tassi di interesse, portando il tasso base a scendere al 3,75% o al 4%. Questa politica di allentamento monetario è cruciale per il sostegno alla crescita economica, poiché un abbassamento del costo del denaro favorisce l’accesso al credito per imprese e famiglie, da parte delle banche. In particolare, una riduzione dei costi di finanziamento può incentivare gli investimenti aziendali, stimolare l’espansione delle attività produttive e migliorare la liquidità delle imprese. Allo stesso tempo, le famiglie potrebbero beneficiare di prestiti più convenienti, aumentando il loro potere d’acquisto e sostenendo i consumi. Questo processo di progressiva normalizzazione della politica monetaria è essenziale per consolidare la ripresa economica e favorire una crescita sostenibile nel medio termine.
Recupero del potere d’acquisto delle famiglie: si prevede un aumento medio dell’1,5% nel biennio 2024-25, con un incremento totale del 2,9% dopo il calo del 2,2% del 2022-23. Tuttavia, l’impatto sui consumi sarà in parte limitato da un previsto aumento del tasso di risparmio, stimato al 7,4% in media nel 2024-25, rispetto al minimo storico del 6,3% registrato nel 2023.
Ripresa del commercio nondiale: ci sono segnali iniziali di ripresa, con la variazione annua dei volumi delle importazioni mondiali che ha toccato il punto più basso a settembre 2023 e ha iniziato una lenta ripresa, prevista continuare nei prossimi trimestri.
Aumento della spesa finanziata dal Pnrr: nonostante la mancanza di dati ufficiali per l’anno corrente, le evidenze aneddotiche sui bandi per le opere pubbliche degli enti locali suggeriscono un maggiore ottimismo sullo stato di avanzamento dei lavori. Anche con previsioni prudenziali di spesa nel 2024 (30/40 miliardi rispetto ai 50 miliardi ancora teoricamente disponibili per il triennio 2024-26), si prevede un notevole impatto positivo sul pil, soprattutto grazie all’aumento dei nuovi progetti rispetto a quelli esistenti e a opere infrastrutturali con un effetto moltiplicatore superiore a quello degli incentivi fiscali.
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