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PIL: UNIMPRESA, CRESCITA DEBOLE, TASSE SU IMPRESE VANNO TAGLIATE

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«La revisione al ribasso della crescita del pil al +0,6% su base annua evidenzia ancora una volta la debolezza della nostra economia, che necessita di politiche fiscali espansive per rilanciare la domanda interna e sostenere l’attività produttiva. In questo contesto, ridurre il carico tributario su famiglie e imprese rappresenta un passaggio essenziale per stimolare investimenti e consumi, favorendo così una ripresa più robusta e inclusiva. Il chiarimento del ministro Giorgetti, in questo senso, è dunque fondamentale: ribadire l’assenza di nuove tassazioni per le imprese smentisce qualsiasi ipotesi di aumento del carico fiscale su chi già contribuisce al benessere economico del Paese, mantenendo così la linea di un governo attento a non gravare ulteriormente su aziende e cittadini. È il momento di sostenere la crescita, non di ostacolarla con nuove imposte».

Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «In quest’ottica, il riferimento del Mef a un “contributo straordinario” richiesto solo alle grandi imprese di settori che hanno beneficiato di condizioni favorevoli esterne appare in linea con questo approccio: piuttosto che introdurre una nuova tassa, si tratta di chiedere un sostegno proporzionale a chi ha visto aumentare i propri utili in un contesto di mercato favorevole. È una misura eccezionale, da inquadrare in un contesto di equilibrio fiscale che salvaguardi le piccole e medie imprese, le quali continuano a essere coperte dal concordato biennale preventivo. Quest’ultimo rappresenta uno strumento utile per semplificare e ridurre gli oneri amministrativi e fiscali per le aziende di dimensioni minori, che sono spesso quelle più colpite da un sistema fiscale complesso e oneroso» spiega Ferrara.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, la recente revisione al ribasso della crescita del pil italiano, corretta dall’Istat allo 0,6% su base annua per il secondo trimestre del 2024, evidenzia in maniera inequivocabile la debolezza strutturale che ancora affligge la nostra economia.

Un dato, questo, che non può essere ignorato, poiché rimarca l’urgenza di adottare misure concrete e incisive per rilanciare in modo stabile e duraturo la crescita del nostro Paese.

Si tratta di un obiettivo che richiede interventi fiscali espansivi, mirati a stimolare sia i consumi sia gli investimenti, e che deve necessariamente passare attraverso una riduzione del carico tributario sulle famiglie e sulle imprese.

In una fase di fragilità economica come quella attuale, è fondamentale intervenire con decisione per evitare di innescare un circolo vizioso di stagnazione che rischierebbe di prolungarsi nel tempo, ostacolando la ripresa.

L’andamento del pil nel secondo trimestre rappresenta un campanello d’allarme per le istituzioni e per il governo, chiamati a mettere in campo una politica economica coraggiosa che punti a invertire la rotta attuale.

«Sostenere il tessuto produttivo del Paese diventa, in questo scenario, una priorità strategica. Il peso fiscale eccessivo che grava su imprese e famiglie rappresenta infatti un freno all’economia nazionale, riducendo la capacità di spesa delle famiglie e limitando il margine di investimento e di crescita per le aziende. Abbassare questo carico non è solo una necessità, ma una scelta che può fare la differenza nel medio-lungo termine, stimolando un ciclo economico virtuoso basato sull’aumento della domanda e su una maggiore capacità competitiva delle imprese italiane» osserva il presidente di Unimpresa. «Per questo motivo, le recenti dichiarazioni del ministro Giorgetti assumono un’importanza strategica. Chiarire che non è allo studio alcuna nuova forma di tassazione che possa gravare ulteriormente sulle imprese rappresenta un segnale di rassicurazione per il mondo produttivo e imprenditoriale, dissipando i timori che circolavano in merito a possibili aumenti del carico fiscale. Tali timori, alimentati da indiscrezioni e interpretazioni alternative alle parole del ministro, avrebbero potuto generare un clima di incertezza dannoso per le aspettative degli operatori economici. In un contesto economico fragile, ogni elemento di incertezza rischia di avere un impatto negativo sugli investimenti e sulle decisioni strategiche delle imprese, che sono invece il motore della ripresa» aggiunge Ferrara.

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