Analisi di scenario politico e attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il vicepresidente Spadafora: «Sul Recovery Fund incombe l’ombra della corsa al Quirinale che potrebbe distogliere l’attenzione dei partiti e del governo anche dalle emergenze economiche cioè inflazione e aumento dei prezzi delle materie prime»
L’Italia ha passato il primo esame e ha ricevuto l’anno scorso la prima rata da 25 miliardi di euro sui 221,5 miliardi totali del Recovery Fund. Nel 2022 il nostro Paese deve ricevere la seconda e la terza rata: in totale altri 40 miliardi. Tuttavia, per incassare questa somma, l’Italia deve raggiungere 102 obiettivi: 47 nel primo semestre e altri 55 tra luglio e dicembre, mentre i 51 obiettivi programmati e concordati con l’Europa per l’anno scorso sono stati tutti centrati Quest’anno ci sono anche 66 riforme da approvare: appalti, lotta alla corruzione, fisco, pubblica amministrazione, tagli alla spesa pubblica. È quanto segnala il Centro studi di Unimpresa in un’analisi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, secondo il quale 42,5 miliardi sono destinati a digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, 57 miliardi a rivoluzione verde e transizione tecnologica, 25,3 miliardi alle infrastrutture per una mobilità sostenibile, 31,9 miliardi per istruzione e ricerca, 19,1 miliardi per inclusione e coesione, 15,6 miliardi per la salute. «Sul Recovery Fund incombe l’ombra della corsa al Quirinale che potrebbe distogliere l’attenzione dei partiti e del governo anche dalle emergenze economiche cioè inflazione e aumento dei prezzi delle materie prime. Per il nostro Paese, inoltre, quella del Pnrr è una sfida nuova: perché l’Italia non ha mai dovuto seriamente occuparsi di un programma di investimenti che richiede, contemporaneamente, monitoraggio, valutazione dei risultati e prospettiva di più anni» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il 2022 impone al governo, in una fase non agevole sul piano degli equilibri all’interno della maggioranza, anche a motivo della imminente elezione del nuovo Presidente della Repubblica, uno sforzo significativo per l’attuazione della tabella di marcia sul Pnrr. Il piano condiviso e in qualche modo “dettato” dall’Unione europea all’Italia stabilisce, per l’anno in corso, il raggiungimento di 102 obiettivi e l’approvazione di 66 riforme strutturali. Obiettivo è “incassare” altre due rate del Recovery Fund, pari a complessivi 40 miliardi, molti di più dell’anticipo da 25 miliardi ricevuto nel 2021. Si tratta di traguardi ambiziosi proprio alla luce del contesto politico che caratterizzerà i prossimi mesi: superata la fase dell’elezione del Capo dello Stato, si avvicinerà, infatti, l’inizio della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Tale appuntamento è previsto per l’inizio del 2023 (febbraio/marzo), tuttavia potrebbe essere anticipato all’anno in corso qualora la “partita” del Quirinale cagionasse scossoni in Parlamento, con lo scioglimento anticipato delle Camere e il consequenziale voto dei cittadini. Questo secondo scenario pregiudicherebbe significativamente il completamento del percorso di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con effetti anche sul pagamento delle rate del Recovery Fund, in particolare per quanto riguarda i 40 miliardi assegnati al 2022.
Sul totale dei 102 obiettivi previsti per quest’anno, 47 sono per il primo semestre e altri 55 per il secondo semestre; nel 2021 erano stati fissati 51 obiettivi e tutti sono stati raggiunti. Si va da progetti per il sistema produttivo (digitalizzazione, innovazione e competitività) e per la pubblica amministrazione (digitalizzazione, innovazione e sicurezza), a iniziative su turismo e cultura oltre che economia circolare e agricoltura sostenibile; sono previsti, inoltre, progetti sull’energia rinnovabile e sulla mobilità sostenibile, sull’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici; sono programmati, poi, investimenti per la tutela del territorio, per la rete ferroviaria, per la logistica integrata, per potenziare l’istruzione e c’è un piano che dovrà favorire il collegamento tra ricerca e impresa. Spazio, poi, alle politiche del lavoro, alle infrastrutture sociali e a interventi speciali per la coesione territoriale. Il Pnrr, poi, punta a implementare le reti di prossimità e la telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, con attenzione, in generale pe il servizio sanitario nazionale, per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione. Quanto alle risorse, sul totale di 221,5 miliardi complessivi del Recovery Fund, 42,5 miliardi sono destinati a digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, 57 miliardi a rivoluzione verde e transizione tecnologica, 25,3 miliardi alle infrastrutture per una mobilità sostenibile, 31,9 miliardi per istruzione e ricerca, 19,1 miliardi per inclusione e coesione, 15,6 miliardi per la salute
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