Promuovere meccanismi aggregativi tra aziende, in particolare a livello territoriale (reti), al fine di ampliare il perimetro dei soggetti inclusi. Realizzare focus su servizi, magari anche grazie al supporto dei principali stakeholder. Diffondere conoscenza dei meccanismi di funzionamento e best practices per promuovere un ambiente culturale “favorevole”. Superare la struttura a silos del nostro sistema di welfare al fine di favorire la partecipazione in sinergia di tutti i possibili attori, perseguendo, evitando sprechi e duplicazioni, l’efficacia complessiva del sistema. E’ quanto proposto oggi da Unimpresa al convegno “Welfare aziendale o territoriale? Quali opportunità per le pmi” organizzato all’Auditorium Via Veneto di Roma. Il tema è stato affrontato in una tavola rotonda alla quale hanno partecipato il consigliere nazionale di Unimpresa con delega al Lavoro e al Welfare, Giovanni Assi, il presidente di Adapt e Aiwa, Emmanuele Massagli, il sociologo Domenico De Masi, l’amministratore delegato di Eudaimon, Alberto Perfumo, il professor Romano Benini della Link Campus University.
Tra i temi principali affrontati durante il dibattito, quello del fisco e degli incentivi, con le pmi che si trovano a essere penalizzate perché l’attuale sistema di agevolazioni favorisce nettamente le aziende con più di 100 addetti. Assi ha sottolineato, infatti, che “a oggi il 95% delle aziende italiane occupa meno di 10 addetti” e che “la leva principale che spinge le aziende al ricorso agli strumenti di welfare aziendale è senza dubbio il sistema di tassazione che però colpisce le aziende con più di 100 dipendenti, ragion per cui il legislatore dovrebbe ulteriormente incentivare e promuovere tale strumento nelle realtà più piccole”.
Secondo un’analisi di Unimpresa, presentata al convegno, il welfare aziendale, nel corso degli ultimi anni, anche grazie agli incentivi promossi dai governi più recenti, ha avuto un enorme sviluppo nell’ambito della contrattazione aziendale diventando sempre più strumento di supporto sociale per i dipendenti oltre che di integrazione salariale tanto che ormai in diversi contratti collettivi nazionali di lavoro è diventato un istituto obbligatorio prevedendo erogazioni annuali per tutti i dipendenti. “Per molte piccole e medie imprese, però, anche l’erogazione di una forma minima di welfare diventa un costo aziendale a volte difficilmente sostenibile” ha osservato il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. La difficoltà – si legge nell’analisi dell’associazione – è dimostrata dal fatto che in molte realtà territoriali sta prendendo piede un’altra forma di welfare con l’ausilio anche delle strutture pubbliche, il cosiddetto welfare territoriale: si tratta reti di imprese che sviluppano piani di welfare comuni scambiandosi, a volte sulla base della loro natura, servizi in favore dei propri dipendenti. Tali reti stanno diventando di fatto una nuova realtà nell’ambito dei servizi di welfare. Secondo il consigliere di Unimpresa, Giovanni Assi, “per il prossimo quindicennio tanto i governi quanto le imprese dovranno investire in innovazione di prodotto, dei processi, dei modelli organizzativi per poter inseguire il cambiamento tecnologico, ma soprattutto per cambiare essi, devono mettere la persona e le competenze al centro della progettualità del welfare aziendale”. Nel corso del suo intervento, Assi ha poi spiegato che “il welfare aziendale si sviluppa rappresentando una via di supporto al sistema pubblico. Le imprese trovano la legittimità d’intervento nel momento in cui le si considera radicati in un territorio ed elementi di crescita sostenibile e competitiva per il territorio stesso. Una crescita sostenibile e non episodica delle imprese passa anche dalla consapevolezza del loro profondo ruolo sociale, come attori fondamentali per lo sviluppo del territorio e delle comunità in cui sono inserite. Sotto questa prospettiva, l’impresa sostenibile è chiamata a farsi carico dei problemi emergenti della società a cui lo stato non riesce più a far fronte da solo, per accrescere la propria competitività e al tempo stesso creare valore per il territorio in cui si inserisce. Le imprese infatti offrendo servizi ed attività ai dipendenti, creano benefici a “cascata” sulle loro famiglie e più indirettamente sulla comunità, generando un miglioramento del benessere generale”.
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