Pubblichiamo di seguito la lettera inviata dall’Ufficio di Presidenza di Unimpresa Bat.
Accogliamo con vero piacere ed interesse l’invito del Presidente di Confcommercio Andria il quale invoca l’apertura di un tavolo di lavoro sull’economia cittadina. Un appello che segue i nostri tanti e inascoltati che vedono tutt’oggi latenti le Istituzioni che continuano a seguire la via dell’individualismo e dell’improvvisazione che mai nulla di buono hanno costruito, specie in sistemi complessi qual è l’economia globale. Ha ragione Confcommercio allorquando afferma che “nessun settore economico, commercio-artigianato-agricoltura-industria-terziario è rimasto immune o poco coinvolto da questa crisi”; ha ragione perché “rilancia” un allarme che risale almeno a dieci anni fa ma rimasto anche allora e da allora inascoltato perché scomodo e soprattutto perché avrebbe dovuto indurre il “sistema città” ad una profonda riflessione, coinvolgendo intere classi politiche e dirigenti che non hanno mai voluto e/o saputo fare, per numerose motivazioni quasi mai nobili né tantomeno giustificabili, al punto che l’appello odierno di Confcommercio è sicuramente un appello disperato di fronte ad una situazione che appare essere irreversibile e comunque drammatica. Oggi non è semplice chiedere aiuto, collaborazione, attivismo e fiducia perché molti di questi elementi si sono perduti per strada nel corso degli anni, anche a causa di politiche completamente sbagliate e fallimentari che sovente hanno visto anche le parti sociali farsi coinvolgere nel giro vizioso solo in cambio di un’illusoria esclusività nella rappresentanza per colmare il loro stesso reale vuoto di rappresentatività. Se non partiamo da questi elementi di negatività e dai fallimenti prodotti dall’improvvisazione e dall’esaltazione di ciò che, in verità, rappresentava, anche in termini di azione concreta, poco o nulla, allora si rischia di ripercorrere strade già battute, senza approdare a nulla di nuovo se non ad un’altra ventata di inutile e dannoso populismo che, alla fine, serve solo a far sapere che qualcuno c’è ed esiste ancora, se esiste. “Dare impulso all’economia locale”, come afferma Confcommercio Andria, è fondamentale ma sarebbe un gravissimo errore pensare che il rilancio di un’economia possa passare unicamente dal rilancio delle imprese. E’ una ricetta che si è verificata sbagliata già in passato perchè il rilancio dell’economia, del commercio, dell’artigianato, del turismo e delle attività ricettive può avvenire solo se si mettono in moto meccanismi virtuosi che coinvolgano il già citato “sistema città”, in tutte le sue componenti, soprattutto culturali ma anche in tema di cultura andrebbe aperto un capito a parte “molto severo”. E’ vero che nessuno ha ricette magiche ma è pur vero che si può cominciare a valutare i differenti “sistemi città” per appurare con cognizione di causa quali siano i meccanismi virtuosi posti in essere laddove questo sistema funziona e ci riferiamo soprattutto alle città europee. In un bel servizio video postato sulla rete il 12 febbraio scorso, (http://www.youtube.com/watch?v=vmZM6lqJlAo) appare evidente e sintomatico il diverso “livello culturale” e la testimonianza è di una semplicità disarmante ma anche drammaticamente reale perché, in verità, quando nevica qui si continua a tenere chiuso Castel del Monte mentre quando nevica in Germania ne approfittano per fare turismo. Tornando all’intervento di Confcommercio è parzialmente condivisibile l’affermazione “dare un impulso alla nostra economia locale non significa mostre, mercatini o sagre” perché, a nostro avviso anche le mostre, i mercatini o le sagre portano cultura ed economia ma solo se concepite all’interno di una programmazione pianificata e non siano, come accade, l’espressione dell’organizzazione legata al gruppo “di vicinanza politica” piuttosto che dell’appagamento della volontà di taluni ma reale valutazione di merito. Oltrepassare questi grandissimi “ostacoli culturali”, quindi, deve significare l’assunzione del dovere e della capacità di adeguare il nostro territorio alle esigenze e alle richieste di servizi e di professionalità rivenienti dal turista di qualità, altrimenti la nostra attenzione rimarrebbe perennemente legata al “girovago” di turno che consuma il panino serale nelle vicinanze del porto. Ben venga quindi una fase foss’anche di discussione e di confronto istituzionale perché neanche quella c’è ancora stata e sono numerose le istanze giacenti, in attesa di risposte. Ulteriori ritardi metterebbero seriamente a rischio anche la possibilità di interventi strutturali ancora possibili ma seriamente a rischio. Condividiamo, quindi, l’invito rivolto da Confcommercio alla Pubblica Amministrazione Comunale andriese affinché da subito possa istituire un tavolo di confronto “con tutti gli attori sociali ed economici della nostra città, che possa lavorare ad oltranza per addivenire ad alcuni interventi mirati sulla economia cittadina da realizzare”. La formulazione di questo invito è l’evidente sinonimo di una non più sopportabile situazione di lassismo e dice bene il Presidente Confcommercio quando accenna ad un “tavolo di confronto con tutti gli attori sociali ed economici della nostra città” manifestando di aver ben compreso quanto dannosa sia stata e sia ancora oggi il perseverare di taluni nella difesa dell’inesistente diritto di esclusività nella pretesa di rappresentare istanze collettive e diffuse, solo in funzione di appartenenze in Organismi ormai non più collegiali che saranno immediatamente soppressi in quanto riconosciuti quali Enti inutili. Questo non paga più in termini reali mentre potrebbe appagare, semmai, illusorie, fatue e superate esternazioni di evanescente onnipotenza che taluni ancora spudoratamente ostentano. Partiamo dunque da questa nuova presa di coscienza per arrivare alla costruzione di un nuovo “sistema città” per evitare il sopravvento totale di un allontanamento istituzionale e politico da parte dei cittadini, delle imprese e dei professionisti che non vogliono operare in un territorio particolarmente diviso, anche politicamente, in quanto ulteriori danni collettivi che potrebbero derivarne sarà difficile oltre che ingiusto che a ripararli siano chiamati coloro che sono stati, opportunisticamente e scioccamente tenuti fuori da certi meccanismi racchiusi in fette di casta e di potere che nulla hanno prodotto se non miserevoli vantaggi personali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e i fallimenti sono “certificati”.
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