di Paolo Lecce (http://www.paololecce.com/)
La convivenza forzata fra le pareti domestiche con partner depressi e aggressivi ha contribuito a incrementare le violenze in famiglia, soprattutto nei confronti delle donne.
Dai dati rilevati dal Ministero degli Interni e dai centri antiviolenza dislocati nel territorio nazionale, si è constatato che durante il periodo di quarantena per il COVID-19 ci sono stati ben 117 casi di violenza di cui il 90% nei confronti di donne. Questo dato è approssimativo perché le stime non sono reali a causa, purtroppo, di quei casi per cui non sono state sporte le denunce dalle vittime.
Questi dati celati di violenze subite e mai denunciate, secondo il parere dei centri antiviolenza italiani, sono da sempre di gran lunga maggiori ai casi conosciuti e per i quali è stato richiesto l’intervento di supporto e di aiuto delle Autorità Competenti.
Sono state molte le segnalazioni arrivate tramite le applicazioni on-line del Ministero dell’Interno messe a disposizione appositamente per consentire alle donne in difficoltà di richiedere aiuto e supporto durante la permanenza nelle abitazioni con i propri aguzzini.
Queste app sono state volute dalla Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e dal Capo della Polizia Franco Gabrielli, ai quali va un plauso per la loro lungimiranza nel prevedere il moltiplicarsi delle violenze domestiche nelle abitazioni durante il periodo di restrizione per l’emergenza sanitaria nazionale COVID-19.
L’app Youpol, creata dalla Polizia di Stato per segnalare azioni di bullismo e droga ad esempio è stata rinnovata e aggiornata proprio in questo periodo, per consentire alle vittime di denunciare le violenze, ma permettendo anche ai testimoni dei maltrattamenti di denunciare, così da assistere le forze dell’ordine nei casi di violenze o presunte tali. Con l’app, che geo-localizza automaticamente la posizione della vittima, si può chiamare la Questura più vicina per fare intervenire più rapidamente gli operatori di PS.
È bene ricordare, che moltissimi casi di violenza domestica o generica, subiti dalle donne, spesso non vengono denunciati a causa della paura che si insinua nelle vittime. In questi casi, sono fondamentali gli interventi di Polizia Privata e delle Investigazioni Private, che agendo in modo discreto, ma anche concreto nell’aiutare le vittime di tali vessazioni, generando prove utili alle successive Investigazioni di Polizia Giudiziaria, atte a fermare, i responsabili delle violenze.
Ha così affermato Paolo Di Nicola, giudice del tribunale di Roma: “le donne non denunciano quasi mai le violenze subite in casa e rimangono quindi, molto spesso, senza alcun aiuto”, ed ha aggiunto: “le donne, senza poter più uscire, hanno subito ancor di più nel periodo di quarantena, senza chiedere alcun soccorso”.
Il caso era già stato sollevato dalle Nazioni Unite attraverso i dati forniti dai movimenti femministi e dalle associazioni che lavorano a difesa delle donne vittime di violenza, poiché secondo l’ONU: essere costrette in casa a condividere quotidianamente tutti gli spazi vitali coi propri aggressori, conduce non solo all’aumento della efferratezza della violenza, ma anche a incentivare il numero di episodi di violazione della persona, rendendo compromessa maggiormente l’incolumità delle donne e rendendo impossibile alle vittime anche solamente parlare liberamente al telefono in supporto di aiuto.
Inoltre le misure di contenimento da COVID 19, hanno reso anche più problematiche le attività di soccorso adoperate dai vari Centri Antiviolenza, i quali, a loro volta, nella maggior parte dei casi, sono rimasti chiusi, sfalsando cosi i dati di violenze domestiche. Ma tale risultatane quasi dimezzato, è stato generato appunto come detto, dalla impossibilità concreta e fisica delle vittime nel poter accedere ai servizi telefonici di emergenza.
Infine i tagli adoperati dal Governo Italiano, in materia di violenza domestica, in termini di fondi per le associazioni che si occupano di tale problematica, non hanno certo agevolato le operazioni necessarie a garantire alle vittime una adeguata salvaguardia.
A questo, si aggiungono anche, le notevoli difficoltà, che sussistevano pure prima del Coronavirus, da parte degli Istituti Investigativi Privati, i quali, soggetti a regole rigide da ottemperare per agire nella legalità, non sono potuti intervenire congruamente per aiutare le vittime di violenze domestiche e familiari in quanto il codice ATECO 80.3 non era stato autorizzato a svolgere nel periodo di contenimento alcuna attività investigativa.
Un maggiore sforzo, a salvaguardia delle vittime di violenza, sarebbe necessario da parte dello Stato e di tutti gli Enti Locali nel supportare le Agenzie di Investigazioni Private e le Associazioni che si occupano di Violenza sulle Donne, ma anche da parte del Governo stesso nel mettere a disposizione strumenti immediati, fondamentali e convincenti, tesi a garantire gli aiuti necessari a chi deve letteralmente fuggire dall’ambiente domestico “come spesso accade” senza risorse economiche.
A tal proposito, recentemente UNIMPRESA, avendo a cuore il processo di crescita delle Micro, Piccole e Medie Imprese, oltre che allo sviluppo del Paese, sta realizzando un progetto innovativo basato sulle necessità del paese allineandosi a #italiasicura; progetto ad ampia scala che oltre a coinvolgere l’intero comparto investigativo rappresentato dal codice ATECO 80 verrà realizzato in diretta collaborazione con le Forze di Polizia e in piena sinergia di pensiero del nostro Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il nostro Capo della Polizia Franco Gabrielli
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