«Anche in passato, alla vigilia delle elezioni presidenziali per la suprema carica dello Stato, fiorivano ogni giorno candidature, più o meno credibili, talune fatte trapelare ad arte, con l’obiettivo strumentale di metterle fuori gioco o di dare segnali agli interlocutori di trattative, riservate e complesse, che erano in corso d’opera. Una lotteria, non sempre gradevole, specie per i candidati-civetta, dati in pasto all’opinione pubblica, costretti a infastidite e immediate smentite, tuttavia quasi inevitabile in una democrazia parlamentare, come la nostra. Tuttavia, questa prassi, per usare un eufemismo, rischia di diventare un gioco al massacro a quasi ottanta giorni dalla elezione del nuovo presidente della Repubblica. Un gioco, molto pericoloso, che vede coinvolti centri di potere, gruppi editorial-finanziari, esponenti di partito e persino membri del governo, in una condizione di crisi istituzionale, politica, economica, sociale e sanitaria, con tensioni di massa e di ordine pubblico, estremistiche e oramai arrivate a livello di guardia. Senza contare i segnali allarmanti che arrivano da una nuova ondata pandemica, in assenza di un obbligo vaccinale per legge, che potrebbe strangolare la ripresa economica e mortificare i sacrifici delle Pmi a rimettersi in gioco. Questo indecoroso tiro al piccione investe anche il presente e, ancor più, il futuro politico-istituzionale di Mario Draghi, al quale si attribuiscono, non richieste, virtù salvifiche, da esercitare, dalla tolda del Quirinale, per il nostro paese, per l’Unione europea e per il mondo». Lo dichiara il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. «Nessun ciarlatano della politica, prima di aprire la bocca a vanvera e architettare indimostrabili congetture, prova a rispondere a cinque semplici domande: per quali ragioni di emergenza Mattarella ha nominato Draghi, motu proprio, premier? Quelle ragioni emergenziali sono state superate o, al contrario, si sono aggravate? Cosa ne pensa l’interessato di abbandonare, anzitempo, la missione che gli è stata affidata, con il rischio di veder vanificato, nella bagarre partitica in atto, anche il lavoro di riforma, finora soltanto avviato? Sarebbe disponibile Draghi a forzare, o meglio violare, la costituzione, assumendo un ruolo semi-presidenziale di fatto? Le inconsistenti leadership dei partiti della cosiddetta maggioranza hanno valutato l’ipotesi che Draghi, di fronte a questo irresponsabile ‘crazy game’ sulla sua persona, potrebbe, d’improvviso, lasciarle tutte orfane, e senza più alibi, ritirandosi a vita privata? Domande non peregrine, che il ceto politico al potere preferisce non porsi o, peggio, lasciare senza risposta» aggiunge Lauro.
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