di Vincenzo Pellegrino, Consigliere Nazionale Unimpresa Sport
Quando il Presidente di una associazione sportiva dilettantistica risponde in nome dell’associazione stessa con il suo patrimonio? Quando invece, la responsabilità è limitata al patrimonio dell’ente in oggetto? E, più in generale, quanto è rischioso presiedere una associazione sportiva?
Per rispondere a questi interrogativi è bene analizzare in maniera approfondita l’articolo 38 del Codice Civile, che così dispone:” Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidamente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
Le associazioni in questione sono ovviamente quelle non riconosciute, dotate di una autonomia patrimoniale imperfetta, che si differenzia dalle associazioni riconosciute, regolate invece da una autonomia patrimoniale di tipo perfetto: ciò vuol dire che i creditori dell’ente potranno aggredire unicamente il patrimonio della associazione, senza intaccare quello dei soci della stessa.
Tornando all’ articolo 38 c.c. è necessario precisare che, in linea di massima, le persone che possono agire in nome e/o per conto della associazione sono il presidente o il Consiglio Direttivo: tuttavia questa non è una regola effettiva, tanto che la responsabilità personale e solidale a carico degli amministratori non è collegata in modo diretto alla semplice titolarità della rappresentanza dell’ente , ma alle attività concretamente svolte in nome e per conto dello stesso. Si deduce, quindi, che la responsabilità del presidente non derivi in via automatica dalla sua carica e non sussista laddove le obbligazioni siano state contratte da altri soggetti che abbiano agito in via autonoma. Che le persone in oggetto siano semplici associati o siano investiti di determinate cariche amministrative è irrilevante.
Occorre poi fare una ulteriore precisazione: la responsabilità di chi ha agito in nome e per conto dell’associazione è accessoria e concorre con quella dell’ente, con la conseguenza che può essere utilizzata dal terzo, in via concorrenziale e solidale, solo se sussiste effettivamente la responsabilità dell’associazione in questione. Tuttavia questa responsabilità non deve essere intesa come un debito proprio, ma una sorta di fideiussione, di fatto ex lege, disposta a tutela dei terzi, come dispone la Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 12473/2015 << (…) tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione >>.
Inoltre sussiste la responsabilità solidale e personale del legale rappresentante, ossia il presidente, solo se questi era effettivamente a conoscenza delle operazioni, e quindi delle eventuali obbligazioni, alle quali l’associazione si era in precedenza legata. Se questo non avviene la responsabilità ricade sulle persone che si sono occupate in prima persona delle operazioni che hanno condotto all’inadempimento: solo qualora il Presidente effettivamente si occupi direttamente della gestione associativa, ad esempio essendo l’unico con poteri di firma, gli si possono attribuire le responsabilità derivanti delle operazioni poste in essere dall’associazione.
Per quanto invece concerne invece la responsabilità tributaria il rappresentante legale dell’associazione sportiva dilettantistica è solidalmente responsabile del mancato pagamento delle imposte dovute dall’ente associativo (ordinanza della Cassazione n. 22861 del 26 settembre 2018). La normativa fiscale, infatti, impone al legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta di adempiere correttamente sia agli obblighi dichiarativi sia a quelli relativi al versamento delle imposte dovute.
A tal proposito occorre aggiungere che il responsabile legale dell’associazione non riconosciuta non risponde dell’amministrazione finanziaria delle obbligazioni assunte o dei carichi tributari relativi a periodi nei quali la carica di rappresentanza legale era rivestita da altri soggetti. Questa è una diretta conseguenza del fatto che, ai fini della responsabilità tributaria del rappresentante di un’associazione non riconosciuta, non è rilevante la carica rivestita al momento dei fatti, bensì l’attività negoziale posta in essere e la circostanza che i terzi abbiano fatto affidamento sulla sua solvibilità e sul suo patrimonio.
Su questo argomento si è espressa più volte la Corte di Cassazione con alcune sentenze; in questa sede esaminiamo la n. 19486 del 10 settembre 2009, che sottolinea quanto “la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti con i terzi”.
Per la sezione specializzata della Suprema Corte, quindi, la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 c.c., non è collegata alla titolarità formale della rappresentanza dell’ente, come si è ampiamente detto in precedenza, ma si fonda sull’attività concretamente svolta dalla persona che ha agito. Nel merito della questione va, quindi, puntualizzato che l’articolo 38 del c.c. non qualifica in via diretta la responsabilità in capo al presidente o rappresentante legale dell’associazione, ma mira ad identificare sempre e comunque «chi agisce in nome e per conto dell’associazione».
In via definitiva si può affermare che, per questo tipo di obbligazioni risponderanno quindi gli amministratori in carica nel periodo di imposta relativo all’obbligazione stessa, pur non essendo più in carica.
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