La politica agricola comune (PAC) è una delle più importanti politiche comunitarie, sia da un punto di vista storico che di bilancio. La PAC ha svolto un ruolo fondamentale per il rafforzamento dell’Unione europea fin dal Trattato di Roma. All’attualità la spesa agricola rappresenta circa il 40% del bilancio annuale dell’UE.
La discussione tra Parlamento Europeo, Commissione Europea e Stati membri sugli orientamenti delle politiche europee per il prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020 interessa prioritariamente gli agricoltori, ma anche tutti i cittadini europei che si devono confrontare con la sfida della sicurezza alimentare.
L’ultima revisione della PAC risale al 2003, ma l’adesione di 12 nuovi Stati tra il 2004 e il 2007 ha reso evidente, la necessità di ulteriori revisioni che rendano la politica agricola capace di affrontare le sfide future.
Come distribuire i finanziamenti agricoli in maniera più equa tra nuovi e vecchi Stati membri ? Come stimolare gli agricoltori ad adottare metodi più “verdi” ? Come sviluppare strutture per gli aiuti diretti agli agricoltori ? E come garantire prezzi equi e, allo stesso tempo, restare competitivi sul mercato mondiale ?
Per fornire risposte al mondo agricolo la Commissione europea ha presentato le sue proposte (in sette regolamenti) per la riforma della Politica agricola comune il 12 ottobre 2011. Su tali proposte si svilupperà un negoziato tra Parlamento europeo e Consiglio UE che dovrà concludersi entro il termine del 2013. Le trattative sulla PAC andranno di pari passo con i negoziati sulle prospettive finanziarie dell’Unione europea per il periodo 2014/2020, nel cui ambito saranno assunte le decisioni relative alla dotazione di bilancio assegnata alla PAC.
Da una prima analisi eseguita congiuntamente alle aziende agricole associate ad UNIMPRESA, la proposta della commissione è apparsa complessivamente insoddisfacente, principalmente perché non si intravedono concreti provvedimenti di “sburocratizzazione”. Non si percepisce la reale volontà di premiare un’agricoltura che dà risposte in termini di competitività, occupazione e sicurezza alimentare, quindi chi l’agricoltura la fa in maniera professionale. Ma soprattutto, non si definiscono interventi ambientali nella consapevolezza che non può esistere sostenibilità ambientale senza che prima sia garantita la sostenibilità economica delle nostre aziende agricole.
Storicamente il Parlamento europeo aveva una limitata influenza sulla politica agricola, ma col Trattato di Lisbona le cose sono cambiate. Oggi, il Parlamento ha lo stesso potere del Consiglio, e questo significa che senza un voto positivo del Parlamento, nessuna riforma può essere approvata. L’auspicio di UNIMPRESA è che l’impegno qualificato del Presidente De Castro e degli altri europarlamentari italiani riesca a far tenere in debito conto le indicazioni che vengono dal comparto agricolo ed agroalimentare italiano.
Sull’Italia
Dal 2013 al 2019 l’Italia perderà mediamente circa 380 milioni/anno ovvero oltre il 10% della sua dotazione storica.
Questo impone un forte impegno del governo e delle delegazioni italiane nel difendere nelle sedi opportune la specificità ed il peso in termini di valore aggiunto dell’agricoltura italiana nel contesto europeo.
Qualsiasi riduzione rispetto all’attuale è una sconfitta politica per il nostro paese.
Pagamenti diretti
Sinora i pagamenti disaccoppiati sono stati erogati ai beneficiari storici perché “compensativi” di una situazione pregressa, poi venuta meno, che concedeva agli agricoltori determinate garanzie di prezzo e di mercato.
Oggi, dopo diversi anni di applicazione, il criterio di assegnazione su base storica dei pagamenti diretti disaccoppiati non si giustifica e, inoltre, sta rischiando di generare disparità di trattamento tra soggetti beneficiari e comparti produttivi.
Per superare l’attuale criterio “storico” la proposta prevede di riformare l’attuale sistema con un pagamento di base e con pagamenti aggiuntivi (per vincoli naturali, greening, giovani agricoltori, accoppiato per alcune colture, forfettario per le piccole aziende).
Unimpresa propone che il pagamento “di base” ad ettaro che va a compensare il carattere particolare dell’attività agricola, definito con riferimento all’attuale massimale finanziario dei pagamenti diretti di ciascun Paese, venga ad essere assoggettato alla condizionalità con esclusivo riferimento alle misure “obbligatorie” oggi già previste dalla normativa.
Il pagamento “aggiuntivo” ad ettaro dovrebbe invece essere definito in base a parametri oggettivi fissati dallo Stato membro come ad esempio: il rispetto di ulteriori impegni ambientali o forestali; il rispetto della normativa comunitaria che va al di là degli standard internazionali; l’intensità dell’occupazione e l’importanza di determinate produzioni agricole nell’economia di alcune regioni.
Non appare utile la differenziazione dei premi su base regionale amministrativa, mentre ci sembra opportuno che tale opzione sia concessa agli stati membri solo se le zone di suddivisione rispondono a parametri pedoclimatici ed agronomici omogenei.
Greening
I pagamenti diretti agli agricoltori dovrebbero essere più chiaramente legati alle “misure verdi”. Un ampio sistema europeo di incentivi, finanziato dall’UE al 100%, dovrebbe essere istituito per sostenere gli agricoltori che appoggiano lo sviluppo sostenibile.
Il sistema proposto, invece, rischia di non essere applicato da tutte le aziende con conseguente perdita di risorse finanziarie per i paesi.
La percentuale del 30% del budget dedicata a queste misure è troppo elevata.
Il meccanismo di premialità dovrebbe almeno essere basato su un calcolo che divida il plafond disponibile per gli ettari su cui si dichiarano gli impegni greening e non sul totale degli ettari.
Appare evidente che le condizioni di rispetto ambientale definite dalla commissione con il termine “greening” rappresentano un impegno eccessivamente gravoso, che non sembra in grado di apportare benefici apprezzabili in termini di gestione ambientale e si adatta più ad un’agricoltura di tipo continentale ad indirizzo cerealicolo/prativo con coltivazioni a ciclo lungo piuttosto che ad un’agricoltura più moderna ed intensiva come quella mediterranea, caratterizzata da coltivazioni con cicli brevi ed a forte intensità di lavoro ed investimenti.
Agricoltori attivi
Ritenendo prioritario ogni sforzo di semplificazione dell’attuale criterio di erogazione dei pagamenti concentrandolo esclusivamente sugli agricoltori professionali, Unimpresa ritiene che la definizione di “agricoltore attivo” proposta non dia la certezza di selezionare i beneficiari tra quelli che svolgono l’attività agricola e producono per il mercato.
Andrebbe eliminato il secondo comma che prevede che tutti coloro che ricevono pagamenti sotto i 5.000 euro siano comunque considerati agricoltori attivi.
L’articolo andrebbe riscritto e lasciata facoltà allo Stato Membro di decidere la definizione di agricoltore attivo più coerente con la propria agricoltura e con il proprio ordinamento giuridico.
Regime semplificato per i piccoli agricoltori
Quello proposto è un regime che non sembra introdurre alcuna semplificazione significativa in quanto l’agricoltore deve comunque presentare la domanda unica ed i titoli gli vengono comunque “virtualmente” assegnati.
Il meccanismo proposto, inoltre, induce l’imprenditore a fare un calcolo di convenienza basato sul maggiore importo percepito che porterebbe probabilmente a far crescere la spesa destinata a questo regime con conseguente taglio lineare dei titoli per tutti.
Non si comprende quindi la finalità di tale regime, che andrebbe eliminato o quantomeno reso facoltativo a livello di stato membro.
Requisiti minimi
Il limite minimo per la concessione di contributi fissato a 100 euro (elevabile dallo stato membro) appare eccessivamente basso.
Non è pensabile che tale beneficio possa superare il “costo burocratico” dello stesso.
Sarebbe auspicabile che tale limite venisse elevato almeno a 500 euro, mantenendo la possibilità per lo stato membro di elevarlo ulteriormente
Strumenti di mercato
Quella degli interventi di mercato è la vera sfida di questi anni. Occorre che vengano potenziati con una serie di strumenti che consentano un maggior equilibrio tra domanda ed offerta.
Si ritiene che debbano essere implementati strumenti di regolazione del mercato, che passino attraverso una revisione della normativa europea sulla concorrenza e che prevedano ad esempio il finanziamento:
– della promozione al consumo di prodotti momentaneamente eccedentari;
– della distribuzione gratuita di alimenti agli indigenti;
– di misure di assicurazione agevolata a favore dei produttori (sia assicurazione contro le calamità naturali che assicurazione al reddito);
– della costituzione di fondi mutualistici;
– di misure per il miglioramento della commercializzazione e della penetrazione sui mercati terzi.
Soprattutto, al fine di conseguire tutti gli obiettivi citati, andrebbe istituito un “fondo per la gestione delle crisi”, per tutti i settori, basato su parametri e metodi di rilevazione comuni a livello europeo, che preveda strumenti di gestione dell’offerta e che, soprattutto, sia adeguatamente finanziato.
La crisi estiva del “batterio killer” ha evidenziato tutti i limiti della strumentazione attuale e della scarsità degli stanziamenti.
Nell’attuazione degli interventi di mercato devono avere un ruolo primario i soggetti dell’organizzazione economica dei prodotti agricoli, sull’esempio dell’ortofrutta, puntando sulle Organizzazioni di Produttori e sullo strumento dei Programmi Operativi, potenziandoli per l’ortofrutta ed estendendoli agli altri settori.
Fondamentale, quindi, appare il sostegno a tutte quelle attività volte a favorire l’aggregazione dell’offerta ed al riequilibrio della filiera.
Sviluppo rurale
La spesa dovrà essere indirizzata verso obiettivi prioritari quali: trasferimento della conoscenza e innovazione; rafforzamento della competitività; organizzazione della filiera e gestione del rischio; tutela ambiente attraverso la tutela degli ecosistemi e il favorire economia a basso tasso di carbonio; inclusione sociale, riduzione della povertà e sviluppo economico delle zone rurali.
A nostro avviso, per garantire un futuro di equità e sviluppo all’agricoltura europea, la futura politica di sviluppo rurale dovrà finanziare progetti di ammodernamento delle aziende, di innovazione e tutela ambientale concentrandosi a sostenere:
– gli investimenti aziendali con particolare priorità verso quelli indirizzati all’introduzione di innovazione tecnologica ed organizzativa nelle imprese, alla aggregazione ed alla integrazione di filiera;
– il ricambio generazionale, perché più di tutti sono i giovani a fare innovazione e a portare creatività e competenze “fresche” nelle imprese”. L’agricoltura italiana è la più vecchia d’Europa. La mancanza di un’adeguato ricambio generazionale è la conseguenza diretta della “corsa a ostacoli” che è oggi la nascita di un’impresa agricola in Italia: scarsa mobilità fondiaria, barriere fiscali e burocratiche, difficoltà di accesso al credito e alti costi di avviamento;
– il recupero di competitività sui mercati con iniziative di integrazione di filiera e di promozione all’export.
- BORSA: VALORE QUOTATE SALITO DI 100 MILIARDI DA 2023 A 2024 (+14%) - 19 Novembre 2024
- MAFIE: A ROMA, MILANO E NAPOLI BOOM DI RICICLAGGIO IN BANCA: + 85% - 19 Novembre 2024
- Rassegna Stampa Estera 19.11.2024 - 19 Novembre 2024