di Marco Massarenti, Presidente Unimpresa Sport
Agli esordi della nuova legislatura, è stata approvata in parlamento una legge delega di riforma dello sport che ha l’intento di ridisegnare il sistema sportivo italiano e mettere in atto modifiche che afferiscono la governance in merito al lavoro sportivo, all’impiantistica e alla parità di genere dello sport. L’entrata in vigore della nuova Riforma dello Sport prevista dall’articolo 5 della legge 8 agosto 2019 impatterà sugli Enti di promozione sportiva, associazioni e società; realtà che hanno come attività principale lo svolgimento della pratica sportiva, come ASD, SSD, palestre, centri sportivi, piscine.
Attualmente è stato disposto lo slittamento dell’entrata in vigore al 31 dicembre 2023 dei decreti legislativi riguardanti la Riforma oltre che l’attuazione di un Decreto Correttivo che ha il compito di renderla compatibile con quella del Terzo Settore, consentendo agli enti di poter svolgere come attività di interesse generale quella sportiva dilettantistica applicando solo per quest’ultima la disciplina relativa alla riforma dello sport.
Come ogni Riforma che si rispetti al momento dell’entrata in vigore ci si aspetta di incorrere in atti migliorativi; quali sono i propositi della normativa sportiva?
Tanti sono gli obiettivi sperati da tale riforma, tra cui: focalizzare l’attenzione verso la pratica sportiva di base; valorizzare gli stili di vita sani; assicurare risorse certe e maggiori allo sport italiano, attraverso un meccanismo automatico di finanziamento e la distribuzione di maggiori sostentamenti economici agli organismi sportivi; semplificare il funzionamento del sistema sportivo, limitando la burocrazia e aumentando la trasparenza; prorogare i termini di pagamento per adempimenti fiscali contributivi; abolire il vincolo sportivo anche nell’ambito dilettantistico, visto come limitazione alla libertà contrattuale dell’atleta; riconoscere all’attività di associazioni e società sportive dilettantistiche, un premio di formazione; affermare le pari opportunità per lo sport femminile professionistico e dilettantistico. Poi ancora il riconoscimento di pari diritti delle persone con disabilità nello svolgimento della pratica sportiva di tutti i livelli; la tutela dei minori per la pratica sportiva e la tutela e il sostegno del volontariato sportivo; l’istituzione di un “Fondo per il professionismo negli sport femminili” e quella della figura professionale del chinesiologo di base, di quello sportivo e del manager dello sport.
Quali sono invece le spinosità da smussare? Le società sportive incorreranno in alcune difficoltà? Nell’esaminare a fondo si possono incontrare complessità?
Tra tutte queste opportunità menzionate il focus è da accendere soprattutto su una rosa di criticità. Un’ incertezza da chiarire riguarda il connubio che si vuole realizzare tra il registro redatto dal CONI ancora obbligatorio per gli enti sportivi e quello delle attività sportive dilettantistiche, in auge dal 31 agosto. A tale proposito è intervenuto il decreto correttivo allo scopo di amalgamarli facendo sì che gli enti con doppia qualifica possano svolgere principalmente anche attività differenti da quella sportiva.
A questa azione troverà seguito un intervento congiunto del Ministero dello sport e del lavoro per assicurare i benefici previsti agli enti e per disinnescare le varie dissonanze. Altra perplessità riguarda l’inquadramento del lavorare sportivo; attualmente la modalità e i criteri non sono strutturati in modo chiaro. Colui il quale svolgerà lavoro sportivo dietro corrispettivo potrà essere inquadrato nell’ambito del lavoro autonomo come co.co.co. se non vengono superate le 18 ore settimanali senza considerare la partecipazione alle manifestazioni sportive. Anche la retribuzione stessa di questi lavoratori presenta un’ambiguità in quanto il loro compenso non potrà superare il 40% rispetto a quanto previsto da Ccnl per il terzo settore.
Fino all’entrata in vigore della riforma, in presenza di un’attività sportiva dilettantistica, viene riconosciuto il compenso sportivo che, costituendo reddito diverso ai sensi dell’art. 67 primo comma lett. m del Tuir, non è soggetto a contribuzione previdenziale e a ritenuta fiscale per la parte esente fino a euro 10.000. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che questa prassi è contro legge in tutti quei casi in cui lo sportivo retribuito svolga questa attività in via principale anche se non esclusiva.
La collaborazione amministrativa, invece, diventa eccezione e viene considerata al di fuori del lavoro sportivo pur mantenendo la figura del co.co.co mentre in precedenza era detassata dalle norme in vigore.
Nel momento in cui non si farà più distinzione tra settore professionistico e dilettantistico, quest’ultimo sarà soggetto alla perdita del vantaggio fiscale e si verrà a creare quindi, una discordanza tra la soglia di esenzione fiscale e previdenziale.
Nell’aspetto statutario, attualmente, gli statuti delle ASD e SSD possono beneficiare delle agevolazioni fiscali del Tuir, status che alla messa in atto della Riforma non sarà più attuabile poiché con il nuovo Decreto cambia il regime fiscale.
Altro dubbio riguarda la scomparsa della figura dell’amatore in quanto non solo lavoratore sportivo ma anche volontario del terzo settore.
Si tratta di una figura ibrida che al momento della messa in atto della nuova riforma desterà molte perplessità; da qui probabilmente l’idea di dover realizzare un registro dei volontari e uno degli aiutanti occasionali.
Riassumendo, nella futura normativa, quindi sono molte le incongruenze riscontrate: non sono presenti interventi mirati per la rendicontazione contabile degli enti sportivi; questa riforma, anziché snellire il settore crea interrelazione tra più enti che porta confusione e difficoltà gestionale; l’abolizione del vincolo sportivo potrà creare difficoltà alle società; senza il sostegno del Governo, lo sport dilettantistico rischia di perdere parte dei fondi necessari alla sopravvivenza di molte società; oltre a quello della retribuzione dei lavoratori sportivi è stato stabilito un limite per lo svolgimento di attività secondarie che non trova corrispondenza con le indicazioni del Ccnl; la mancanza di interventi per la rendicontazione contabile degli enti sportivi; il difficoltoso punto d’incontro tra riforma sport e riforma terzo settore e inoltre gli ostacoli che dovranno affrontare gli enti sportivi nella gestione delle attività secondarie a quelle sportive in quanto il limite diventa civilistico.
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