Istituire un’Autority a tutela delle imprese vittime dei pagamenti ritardati della pubblica amministrazione. Compensare i debiti dello Stato nei confronti degli imprenditori con i debiti che questi hanno con fisco e previdenza.
Sono le proposte avanzate da Unimpresa in un documento elaborato dal Centro Studi e Ricerche dal titolo “Ritardi dei pagamenti della P.A. e della grande impresa: gli effetti sul sistema delle pmi”, diffuso oggi.
“Negli ultimi anni il fenomeno dei ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione ha raggiunto dimensioni significative, alimentando un dibattito serrato a livello nazionale e internazionale sui possibili effetti prodotti sul sistema economico, e in particolare alla luce della recente crisi economica che, aggravando la situazione delle imprese coinvolte, ha accentuato le criticità già rilevate in precedenza – si legge nella nota – Le criticità legate ai pagamenti riguardano in particolare due aspetti: le tempistiche previste dai contratti, eccessivamente lunghe, e il non rispetto delle scadenze previste contrattualmente”.
Un peggioramento, quello dei dei tempi medi di pagamento, avvenuto negli ultimi tre anni, in coincidenza con la crisi economico-finanziaria che ne ha acuito gli effetti.
L’esposizione della pubblica amministrazione verso le imprese per forniture o servizi erogati in esecuzione di appalti pubblici ammonta a circa 90 miliardi di euro. Una situazione, come dimostrano i dati, che non ha eguali in Europa: sbloccare il pagamento di oltre 33 mld darebbe un aiuto non indifferente all’economia di migliaia di imprese.
“Il ritardo dei pagamenti della P.A. trasferisce alle imprese fornitrici il problema di liquidità del settore pubblico – proseguono le righe – Ne consegue, anzitutto, la difficoltà per le imprese di onorare, a loro volta, i pagamenti verso i propri fornitori e, in subordine, l’impossibilità di porre in essere gli investimenti necessari senza dover ricorrere a onerose forme di finanziamento. Le banche, a loro volta, subiscono i ritardi delle imprese sul portafoglio crediti e addebitano costi a causa dei ritardi e degli insoluti. In secondo luogo, si è stimato che il mancato pagamento dei crediti costa complessivamente alle imprese attorno ai 10 miliardi di euro l’anno. A questo extraonere sono da includere anche i costi delle risorse umane impegnate nel sollecito dei pagamenti, o quelli da sostenere quando si è costretti a rivolgersi ad un legale o ad una società di recupero crediti”.
Paradossalmente, annotano dal Centro Studi e Ricerche Unimpresa, il recupero dei crediti insoluti sembra essere diventato il vero core business dell’azienda.
Le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l’estero dove i pagamenti sono più veloci e regolari.
“Da noi come spesso accade, si è andati nella direzione opposta, per ridurre i deficit semplicemente le amministrazioni pubbliche hanno smesso di pagare – sottolineano da Unimpresa – Aggiungendo inefficienza a inefficienza, a danno di tutta la collettività. Il ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazioni, oltre a costituire un problema per le imprese fornitrici, genera infatti costi per l’intera collettività, in via diretta, ma anche in via indiretta attraverso un aumento dei prezzi dei beni e servizi venduti sul mercato o direttamente alla pubblica amministrazione negli esercizi successivi”.
Insomma, conclude la nota, non è accettabile che le piccole imprese siano schiacciate nella tenaglia tra la “flessibilità” del debitore, da un lato, e l’“inflessibilità” di fisco e banche, dall’altro.
a cura del Servizio Ufficio Stampa Ago Press
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