Vigilanza privata, servizi di pulizia, rider e collaboratori domestici sono i principali settori maggiormente scoperti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro, in particolare per quanto riguarda la determinazione del salario. Ragion per cui è in questi settori che il governo dovrebbe stimolare la contrattazione facendosi garante delle trattative e tenendo conto delle variabili fondamentali di questi comparti: piccola economia e appalti.
È quanto propone, nell’ambito del dibattito sul salario minimo, Unimpresa secondo cui nell’ambito della vigilanza privata l’ago della bilancia sono gli appalti, mentre per quanto riguarda i settori dei rider e dei collaboratori domestici l’elemento centrale è rappresentato dalla piccola economia.
“La contrattazione collettiva è lo strumento più adeguato a gestire, ormai da 40 anni, i rapporti tra datori di lavoro e lavoratori. Certo non tutta la contrattazione copre per intero tutte le tipologie di lavoro, ma non accade a caso, perché incidono fattori esogeni come gli appalti e la piccola economia: Lo sanno molto bene le grandi organizzazioni sindacali da anni; non a caso nel 2020 allora ministro del lavoro On.le Damiano, nel caso della riduzione del costo lavoro prospettò un salario minimo. Venne immediatamente bocciato dalle organizzazioni sindacali e datoriali” commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Pepe. Allora perché oggi si ripropone il tema del salario minimo in modo così prepotente? Non è certo per l’interesse superiore del Paese, ma soltanto una delle tante e ingiustificate battaglie ed energie spese male, di chi pensa che scoprendo il nervo di categorie di lavoratori “non protetti” dalla contrattazione si possa mettere in difficoltà un Governo.
Il rispetto che Unimpresa ha per tutti i lavoratori e le aziende prescinde da tali inutili battaglie. Eppure di soluzioni ne sono state prospettate da più parti. Altra soluzione, non nuova, è quella di rimodulare i “parametri” degli aumenti sindacali riducendo i livelli apicali a vantaggio dei livelli più bassi. Argomento, questo, di stretta competenza di chi rinnova i contratti. Non dimentichiamo che parliamo comunque di bassi livelli professionali che, di norma, restano a questi livelli al massimo per 2 anni. Diverso, invece, è affrontare il reale problema che si cela dietro all’argomento del salario minimo: ovvero chi sono o devono essere i soggetti riconosciuti rappresentativi e possono quindi essere gli unici che per legge possono firmare contratti nazionali. Tema, quest’ultimo, molto delicato che tutti gli addetti ai lavori conoscono bene. Discuterne con le Parti, insieme al Governo, farebbe bene, secondo Unimpresa, alla crescita del Paese nel suo complesso, economico e sociale” aggiunge Pepe.
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