(Norcia, 480 circa – Montecassino, 21 marzo 547)
Benedetto (dal latino: colui che augura il bene). Il suo pensiero è sempre stato e lo è ancora, una delle più importanti basi su cui si poggia l’attuale cultura europea dopo il declino della civiltà romana fatta di guerre, di milizia e di invasione delle terre altrui.
Faro del monachesimo e precursore della diffusione dei centri di preghiera e ospitalità. Queste qualità fanno di San Benedetto un santo dedito alla solidarietà, unico elemento che salva l’umano dalla povertà spirituale e materiale. Contributi culturali sulle quali venne molti secoli dopo basata l’ispirazione della cultura europeista ed europea con le medesime basi culturali che il santo divulgò nell’arco della sua preziosa vita.
Divenne così una provvidenziale sorgente che sfamò affamati e dette da bere agli assetati di spiritualità e di sapere. Lo stesso San Gregorio Magno ne scrisse della vita e delle gesta e lo scrittore Jaque Le Goff si interrogò fin dove si sarebbe potuta spingere la società del Medioevo senza l’umanesimo profondo degli insegnamenti benedettini. Venne definito proprio da San Gregorio: “un astro luminoso in un secolo buio”.
Un astro luminoso che portò luce in una epoca segnata da profondissime e fortissime crisi di valori cristiani e umani. Figlio di una famiglia nobile nella regione di Norcia, nella casa in nacque sorge oggi la basilica a lui dedicata.
La vita agiata e una solida famiglia benestante, assicurarono a San Benedetto una adeguata formazione culturale e religiosa. Venne infatti mandato a Roma per nutrire il suo spirito di ricerca assetato dell’amore di Dio, ma l’esperienza romana gli dette indicazioni sulla strada da perseguire per i prossimi anni della sua vita. Nella città, infatti, ebbe incontri con numerosi giovani sbandati e rovinati dalla mercé del vizio e le esperienze malevole di quei giovani disadattati lo scossero profondamente al punto tale da decidere per ben tre anni ad intraprendere un percorso da eremita.
Si spinse fino ad Enfide a vivere in completa solitudine in una grotta nei pressi di Subiaco, destinata poi a diventare il Santo Speco del monaco. In questo suo cammino da eremita intraprese il percorso verso Montecassino, tra le rovine dell’antica acropoli pagana, dove il santo e alcuni suoi discepoli gettarono le basi per la costruzione della prima abbazia di Montecassino.
A San Benedetto vengono attribuiti vari miracoli, ma il miracolo più longevo nella storia del santo è la scrittura della regola benedettina scritta nell’anno 530 D.C. che ancor oggi rappresenta un manuale di preghiera per la vita monastica, in cui vengono esortati i monacie tendere orecchio e cuore senza mai disperare nella misericordia di Dio e cita: “Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro, e tendi l’orecchio del tuo cuore; accogli di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l’accidia della disobbedienza”.
Ora et Labora: “L’ozio – scrive San Benedetto nella Regola – è nemico dell’anima; è per questo che i fratelli devono, in determinate ore, dedicarsi al lavoro manuale, in altre invece, alla lettura dei libri contenenti la parola di Dio”. Preghiera e lavoro non sono in contrapposizione ma stabiliscono un rapporto simbiotico. Senza preghiera, non è possibile l’incontro con Dio. Ma la vita monastica, definita da Benedetto “una scuola del servizio del Signore”.
Il lavoro come estensione della preghiera. “Il Signore attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti”.
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