Il consigliere nazionale accoglie positivamente l’impegno del ministro. In bilico tre agevolazioni per le imprese del Mezzogiorno che rischiano un salasso da 1,2 miliardi al mese a partire da febbraio.
Manca ancora il via libera dell’Unione europea per confermare tre agevolazioni sul
«Accogliamo con favore l’apertura della ministra per il Sud, Mara Carfagna, sulla nostra richiesta per ripristinare la “Decontribuzione Sud”. Sarebbe importante rendere strutturale tale riduzione contributiva, così da permettere alle nostre imprese di pianificare realmente la loro attività in un arco temporale a medio-lungo termine. Le imprese avrebbero la certezza di poter contare su un costo del lavoro più basso: in questo modo si darebbe impulso a nuove possibili assunzioni. Fondamentale, soprattutto, sarà garantire copertura alla misura già da questo mese di gennaio per evitare esborsi finanziari aggiuntivi e non preventivati da parte degli imprenditori del Mezzogiorno. Oltre alla Decontribuzione Sud, il governo deve ottenere quanto prima, dalla Commissione europea, la possibilità di confermare anche gli sgravi contributivi per l’assunzione degli under 36 e delle donne». Lo dichiara il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi, in relazione al rischio di una stangata da 1,2 miliardi di euro al mese per 1,5 milioni di aziende del Sud. Dal prossimo 16 febbraio, infatti, le imprese che operano nel Mezzogiorno potrebbero fare i conti con lo stop di diversi sgravi contributivi: una serie di riduzioni sui versamenti previdenziali del personale che, nel corso del 2021, avevano consentito di ridurre significativamente il costo del lavoro. Secondo quanto segnalato dal Centro studi di Unimpresa, dal 2022, se non interviene immediatamente l’ok da parte della Commissione Europea, non è più in vigore la Decontribuzione Sud che vale circa 900 milioni di euro al mese né sono operativi altri due “sconti” (per i neoassunti under 36 o donne) che peseranno per circa 2-300 milioni sulle casse delle aziende, per una stangata totale di 1,2 miliardi mensili. Secondo il Centro studi di Unimpresa, nel 2022 con gli stipendi che pagheranno per i propri dipendenti, le aziende del Sud potranno trovare delle spiacevolissime sorprese. Alcune importanti riduzioni contributive che in qualche maniera hanno abbattuto lo scorso anno quello che è il principale costo per milioni di aziende italiane, ovvero il costo del lavoro, e tutte per lo stesso motivo, si deve attendere il via libera da parte della Commissione Europea: un parere positivo essenziale che, per ora, non è scontato né è chiaro quando eventualmente sarà rilasciato. Il problema è che nell’attesa il prossimo 16 febbraio 2022 ovvero quando le oltre 1,5 milioni di imprese del Sud interessate a queste riduzioni contributive saranno chiamate a versare i contributi sulle buste paga della mensilità di gennaio si troveranno un costo maggiorato rispetto a quello del 2021 che va da un minimo del più 30% fino ad un più100%.
Le riduzioni contributive in questione sono la Decontribuzione Sud che prevede la diminuzione di 30 punti percentuali per tutte le aziende delle cosiddette aree svantaggiate ed usufruibile per tutti i lavoratori in forza all’azienda, sia nuove sia vecchie assunzioni; se si considera che in ballo ci sono le riduzioni contributive di oltre 6 milioni di lavoratori è che mediamente tale riduzione si aggira intorno ai 150 euro mensili per ciascuno di loro, è facile comprendere l’enorme peso che le nostre aziende improvvisamente si ritroveranno sulle loro finanze, pari a circa 900 milioni al mese. Discorso simile per altre due esoneri, il cui valore si aggira a circa 2-300 milioni al mese, che sono senza dubbio fondamentali poiché prevedono una riduzione del 100% dei contributi a carico delle aziende: si tratta anzitutto dell’esonero contributivo under 36 stabilito dalla legge 178 del 2020 (articolo 1, commi 10-15), che stabilisce uno sgravio del 100% dei contributi per 48 mesi per le regioni del Sud; poi c’è lo sgravio contributivo donne del 100% introdotto con la stessa norma del 2020 (commi 16-19). In entrambi i casi si tratta di un numero certamente più piccolo di imprese e lavoratori rispetto alla platea della misura Decontribuzione Sud.
«Il nostro territorio va sostenuto costantemente perché se è vero che il Sud nel 2021 ha ripreso la sua crescita, questa continua ad essere inferiore rispetto alla crescita del Nord, dopo un 2020 nel quale la pandemia ha reso sostanzialmente omogenei gli andamenti territoriali nel Paese, nel 2021 il pil del Centro-Nord si attesterà a più 6,8% mentre nel Sud crescerà del 5%, ed è anche per questo che non possiamo permetterci nessun passaggio a vuoto cercando di sfruttare nel miglior modo possibile le opportunità che dovranno arrivarci dal Pnrr» aggiunge Assi.
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