“Il decreto approvato venerdì dal governo trae fondamento da ragioni tecniche, ma sopratutto da due motivazioni politiche: una riguarda il passato, l’altra il futuro. Il governo Meloni ha voluto sconfessare la scelta fatta dall’esecutivo Conte, che con questa misura ha senza dubbio fatto un po’ di confusione anche se c’è stata una importante spinta all’economia italiana, in particolare nel 2021. Meloni, non a caso, ieri, ha citato due numeri fondamentali: 9 miliardi di euro di frodi da parte di truffatori di vario genere e il conto finale nelle tasche degli italiani pari a 2.000 euro a testa. La partita per il governo è chiusa qui. Quanto al futuro, tra le varie soluzioni proposte nelle scorse settimane, c’era quella, poi accantonata, di coinvolgere comuni e regioni che con le loro società finanziare avrebbero potuto comprare dalle banche i crediti fiscali in eccedenza. Con quella operazione gli enti locali avrebbero avuto una formidabile occasione di guadagno, perché avrebbero comprato quei crediti a un prezzo scontato, a esempio tra 90 e 95, e poi incassato dallo Stato centrale il valore pieno cioè 110. Vuol dire che il governo avrebbe di fatto finanziato sindaci e presidenti di regione. E siccome la maggior parte delle amministrazioni locali sono di centro-sinistra, il governo – che è del colore opposto – non ha voluto regalare soldi agli avversari”. Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. “Le criticità delle misure varate nel 2020 sono emerse, ma ormai non ha più senso approfondirle. C’è invece rammarico per la volontà di escludere le amministrazioni locali dalla questione crediti perché comuni e regioni avrebbero potuto fornire un importante contributo in questa fase complessa e disordinata. Spiace constatare che siano prevalse esigenze di parte rispetto alla causa comune” aggiunge Ferrara.
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