Il nuovo blocco del sistema del superbonus corre il pericolo di generare una crisi di liquidità per decine di migliaia di aziende italiane e di fermare, conseguentemente, una parte rilevante dei cantieri edilizi. A questa rilevante crisi di liquidità le imprese potrebbero far fronte ricorrendo a forme illegali di approvvigionamento di denaro offerto da organizzazioni criminali: si profila, quindi, uno scenario di rischio usura dilagante, particolarmente esteso ed accentuato nelle regioni più piccole, quelle del Sud e nei territori economicamente più deboli. Lo evidenzia un’analisi del Centro studi di Unimpresa. Il problema ruota attorno alla capienza fiscale delle banche e di Poste Italiane, i principali soggetti coinvolti nella macchina del superbonus per la cessione dei crediti che lo Stato ha reso possibili per favorire la ripresa del settore edilizio e delle costruzioni. «Per evitare che si fermi un pezzo importante della nostra economia, con conseguenze devastanti per le prospettive di crescita del pil, il governo deve necessariamente e in tempi rapidi allargare la capienza fiscale delle banche, così da rimettere immediatamente in moto la macchina evitando lo stop dei cantieri e il rischio usura» osserva il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi. «Condivido, pertanto, l’appello lanciato dall’Abi e dall’Ance: la norma sul superbonus è stata concepita male, ha generato problemi e i continui, contorti interventi correttivi hanno peggiorato la situazione. Oggi ci troviamo con un meccanismo farraginoso, ma non possiamo né tornare indietro né interromperlo bruscamente, perché le conseguenze, per il tessuto economico del Paese, sarebbero senza dubbio peggiori» aggiunge Longobardi.
Secondo l’analisi di Unimpresa, sono 307.191 gli interventi avviati con il meccanismo del superbonus 110% per un valore di 51 miliardi di euro e, di questi, 38 miliardi riguardano lavori già realizzati e cantieri chiusi. Il meccanismo, assai favorevole, della cessione dei crediti introdotto con il superbonus edilizio ha avuto un impatto rilevante nella crescita del prodotto interno lordo del nostro Paese: negli ultimi due anni, circa il 30% della crescita del pil è stato ottenuto proprio dal comparto delle costruzioni. Sul totale delle opere in questione, il 58% si riferisce a immobili unifamiliari, il 29,5% a unità immobiliari indipendenti, il 12,3% a edifici condominiali. Per quanto riguarda, più nel dettaglio, gli interventi volti alla riqualificazione energetica, il 50% è al Nord, il 30% al centro e il 20% nel Sud e nelle Isole. Nel dettaglio, su base regionale, 47.288 interventi sono in Lombardia (8,6 miliardi), 37.675 in Veneto (5,1 miliardi), 26.938 nel Lazio (4,7 miliardi), 24.439 in Emilia-Romagna (4,2 miliardi), 23.957 in Toscana (3,1 miliardi), 21.995 in Piemonte (3,6 miliardi), 21.272 in Sicilia(3,5 miliardi), 19.744 in Puglia (3,1 miliardi), 18.306 in Campania (3,8 miliardi), 11.440 in Sardegna (1,7 miliardi), 11.013 in Calabria (1,8 miliardi), 8.690 in Abruzzo (1,7 miliardi), 7.543 in Friuli-Venezia Giulia (1 miliardo), 7.007 nelle Marche (1,2 miliardi), 5.144 in Umbria (896 milioni), 4.724 in Trentino – Alto Adige (972 milioni), 3.930 in Liguria (682 milioni), 3.405 in Basilicata (741 milioni), 2.022 in Molise (348 milioni), 659 in Valle d’Aosta (143 milioni).
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