Eppur si muove! A muoversi pare sia il mondo del lavoro e tutte le sue infinite sfaccettature buracratiche per accedervi. L’ultimo consiglio dei ministri, quello riunitosi mercoledì 26 giugno, ha partorito un decreto per favorire e incentivare l’occupazione, soprattutto quella giovanile. Alla vigilia del vertice a quattro del 14 giugno, che riuniva intorno ad un tavolo i rappresentanti d’Italia, Francia, Spagna e Germania, il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, auspicava l’abbattimento del costo del lavoro. “Per dare fiducia e speranza alle aziende e pure alle famiglie serve una svolta: il peso del fisco, dei contributi previdenziali e degli adempimenti burocratici hanno strozzato le imprese”, questa la lettura lucida di Longobardi. Il governo pare aver risposto solo in parte. E’ vero che nel decreto è contenuta l’incentivazione all’assunzione dei giovani, in particolare quelli che hanno resistito eroicamente alla tentazione di fuga dal mezzogiorno, ma è pur vero che una grandissima fetta di disoccupati paiono restarne fuori. L’attenzione si è concentrata sui giovani che vanno dai 18 ai 29 anni. E il resto? Quelli a cui, fino a 29 anni, gli si è detto che erano privi di esperienze pluriennali per accedere al lavoro, finanche a quello di operatore ecologico? All’improvviso hanno scoperto di essere invecchiati. E quelli che hanno perso il lavoro poco prima o poco dopo i 50 anni? Per loro briciole. Eppure sia i primi che gli ultimi non sono pochi, anzi forse insieme rappresentano la maggioranza. Va detto ad onor del vero che il presidente Letta ha inquadrato i provvedimenti in un orizzonte più ampio che, piano piano, andrà a ben delinearsi. Speriamo che la pausa estiva e le vacanze, per chi può permettersele grazia al lavoro, non lascino nell’oblio i propositi “santi”. Sarebbe triste trovarsi di fronte all’ennesima costatazione che a causa dell’immobilismo generale e all’incapacità di camminare verso il bene comune, anche la polvere mossa appaia come una tempesta in corso. Fino ad oggi, l’appello di Longobardi, risulta essere ancora tristemente attuale.
Alfonso D’Alessio
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