La guerra tra Russia e Ucraina potrebbe far perdere all’Italia, nel 2022, circa 41 miliardi di euro di prodotto interno lordo: il conflitto tra Mosca e Kiev mette a rischio oltre il 36% della crescita economica prevista per quest’anno. Se il governo, nel nuovo Documento di economia e finanza, taglierà la stima di crescita, per quest’anno, dal 4,7% al 3%, il pil dovrebbe arrivare a un totale di 1.851 miliardi invece di 1.892 miliardi previsti con la Nota di aggiornamento al Def dello scorso ottobre. È quanto calcola il Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il taglio delle stime in arrivo col nuovo Def – la cui pubblicazione dovrebbe essere imminente – dovrebbe far emergere una riduzione della crescita economica, per il 2022, di circa il 36,1%. «Lo sforzo del governo, quanto a risorse economiche da mettere sul piatto per colmare la mancata crescita, deve essere pari a quegli oltre 40 miliardi di euro di pil che la guerra tra Russia e Ucraina di fatto brucerà. Se sarà necessario, bisognerà procedere con scostamenti di bilancio: siamo in una economia di guerra e questa situazione va affrontata con interventi straordinari» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza approvata a ottobre, ultimo atto ufficiale del governo sulle previsioni macro-economiche, era stata stimata, per quest’anno una crescita economica del 4,7%: il pil del 2022 era indicato a quota 1.892,5 miliardi in crescita di 113,2 miliardi rispetto ai 1.779,3 miliardi del 2021 (in termini percentuali emerge una variazione del 6,4% non epurata del deflatore pil, lo strumento che consente di epurare la crescita dall’aumento dei prezzi). Il robusto abbattimento delle previsioni di crescita, cagionato dal conflitto bellico in Ucraina scatenato lo scorso 24 febbraio dall’attacco della Russia, potrebbe quindi compromettere circa il 36,1% della crescita economica prevista per quest’anno: tale percentuale farebbe emergere un pesante rallentamento della ripresa post-Covid. In termini nominali, nel 2022 il pil, se saranno confermati i tagli alle stime di crescita, dovrebbe crescere di 72,2 miliardi e non di 113,2 miliardi, vale a dire 40,9 miliardi in meno.
Il conflitto tra Mosca e Kiev potrebbe ripercuotersi anche sull’indice dei prezzi al consumo. Col prezzo del petrolio a 150 dollari al barile, secondo il Centro studi di Unimpresa, l’inflazione a giugno arriverebbe all’8,4% per poi ripiegare, solo in caso di miglioramenti, al 6,8% a settembre. Se, invece, le quotazioni del greggio si fermassero in media, nei prossimi mesi, attorno a quota 120 dollari al barile, l’inflazione si attesterebbe a 7,5% a giugno, per poi flettere al 6,4% a settembre. L’ultimo trimestre dell’anno potrebbe portare, in entrambi i casi, a un ulteriore ribasso dell’inflazione che a fine anno potrebbe attestarsi, rispettivamente al 4,8% col brent a 150 dollari e al 4,2% col brent a 120 dollari. Si tratta di proiezioni suscettibili di improvvise variazioni e correzioni: il quadro internazionale incerto, a cagione del conflitto in corso tra Mosca e Kiev, e non possono essere esclusi incrementi ancora più rilevanti rispetto alle previsioni realizzabili fino a questo momento. «L’inflazione è spinta al rialzo dal prezzo in crescita di tutti i beni, ma è la componente energetica a contribuire, più di altri, ad alimentare l’aumento dell’indice dei prezzi al consumo. Tale tendenza potrebbe proseguire ancora a lungo e andare avanti anche nel 2023. Il rischio che corriamo, soprattutto per il 2023, è quello della stagflazione ovvero di una stagnazione, cioè assenza di crescita quando l’economia ristagna, accompagnata dall’inflazione, un aumento continuo dei prezzi che aggraverebbe la stessa congiuntura economica sfavorevole» commentano gli analisti di Unimpresa.
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