Cresce, nonostante diverse rassicurazioni, la paura per una nuova recessione: sarebbe la terza in 10 anni, anche se per ora è prematuro parlare di pil negativo che appare come una prospettiva esagerata. Al momento le previsioni della crescita del pil italiano per il 2022 cambiano di settimana in settimana: prima della guerra si indicava un più 4,7%, adesso il governo, con il nuovo Documento di economia e finanza, stima un più 3,1% anche se appare più verosimile una prospettiva più bassa attorno a un più 2,8%. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale, la minore crescita farà perdere circa 50 miliardi di euro di pil quest’anno. «Dopo oltre 40 giorni di guerra c’è pessimismo sulle prospettive economiche, il conflitto è arrivato quando eravamo sulla via della ripresa post-Covid. Le cause del brusco rallentamento dell’economia sono l’inflazione e, quindi, l’aumento dei prezzi (delle materie prime e al consumo) che già stanno mettendo in difficoltà i cittadini. Pesa soprattutto l’incertezza per le imprese e per le famiglie. La guerra sta durando più del previsto. Le conseguenze di una recessione sarebbero ancora più pesanti in Italia, sia economicamente sia socialmente e metterebbero a rischio anche gli effetti positivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il vicepresidente di Unimpresa «in questo momento, abbiamo due incognite e una certezza. Le due incognite sono la durata della guerra e l’impatto della stessa guerra sulla nostra economia. La certezza è l’inflazione che produce un doppio effetto negativo: riduce il potere d’acquisto dei salari e “mangia” letteralmente i nostri risparmi. Di questo dobbiamo preoccuparci proprio mentre si avvicina la stagione turistica perché la capacità di spesa delle famiglie italiane sarà inferiore agli anni precedenti. Con lo stipendio che si guadagnava ieri, oggi possiamo comprare e fare meno. I nostri risparmi verranno erosi appunto dall’inflazione che oggi è arrivata al 7%: vuol dire che i nostri soldi varranno meno. La “tassa occulta” sui 1.640 miliardi di euro depositati in banca dalle famiglie aumenta con l’aumentare dell’inflazione e vale, adesso, 115 miliardi di euro annui». Spadafora, quindi, spiega che «per tutti questi motivi, saranno indispensabili nuove misure straordinarie, interventi economici per compensare la minore crescita, ben oltre di quelli prospettati ieri dal governo con il Documento di economia e finanza». Tra le possibili soluzioni e interventi, il vicepresidente di Unimpresa suggerisce di «tagliare ulteriormente i costi dell’energia oltre che di prorogare le misure straordinarie post Covid per imprese e famiglie. Bisogna, poi, intervenire sul fronte della liquidità e sui prestiti bancari, sia con garanzie per i nuovi finanziamenti sia con le moratorie (cioè la sospensione delle rate dei vecchi prestiti). Gli aiuti economici vanno mantenuti fino al termine del 2022 e forse anche oltre».
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