Analisi del Centro studi dell’associazione sulle ricadute, derivanti dalla guerra, per Mosca e per l’Europa. Il vicepresidente Spadafora: «Nell’immediato danni per le economie europee, soprattutto per la finanza»
L’invasione dell’Ucraina, per la Russia, si potrebbe rivelare un clamoroso autogol e le sanzioni dell’Occidente, alla lunga, potrebbero portare gli stessi oligarchi a voler prendere le distanze da Putin considerando le minacce per la loro economia. I dati sono già molto negativi: il Pil russo, secondo le previsioni internazionali più attendibili, dovrebbe perdere oltre 4 punti percentuali quest’anno, scendendo dal più 3,2% al meno 1%. La Russia insomma andrà in recessione a causa della guerra. Le sanzioni finanziarie sono potenti e fanno paura ai russi perché le penalizzazioni commerciali, come gli embarghi di determinati prodotti, possono essere aggirate con l’aiuto di Paesi terzi come la stessa Cina, mentre quelle finanziarie si attivano immediatamente e non possono essere bypassate in modo efficace. E’ quanto si legge in un report realizzato dal Centro studi di Unimpresa relativo alla guerra tra Russia e Ucraina. L’analisi di Unimpresa si focalizza su tre aspetti solo apparentemente politici e militari. Anzitutto, Putin è riuscito a compattare il fronte della Nato come mai nella storia più recente, col risultato che anche nazioni come Finlandia e Svezia potrebbero decidere di entrare nel fronte della difesa occidentale. Il Giappone, poi, che per ovvie ragioni storiche non ha mai voluto testate nucleari sul suo territorio, adesso sta effettuando valutazioni in senso opposto, assumendo una posizione di fatto ostile alla Russia. Quanto agli Stati Uniti, il presidente Biden adesso è osannato, mentre solo a metà febbraio aveva buona parte del Congresso contro, quella parte, soprattutto i repubblicani, che appoggiava Trump e quindi in qualche modo appariva favorevole alla Russia. Insomma, Mosca, fino ad oggi, ha quasi tutti contro, e anche la Cina si sta mostrando meno amica di quanto si potesse immaginare.
Nell’immediato, però, i maggiori rischi economici sono per l’Europa. «Dal giorno della scesa in campo dei Russi in Ucraina, le sanzioni economiche hanno creato danni alla finanza europea molto più che a quella russa: solo la borsa di Milano ha perso in sette giorni oltre il 10%. Il blocco dello Swift ha messo in moto la triangolazione dei pagamenti con Cina, Sud Africa, India e Brasile (paesi Brics) e il declassamento dei titoli di stato russi ha reso ridicoli i manager delle agenzie di rating. Ciò per un semplice motivo: a differenza degli Usa, che ha una inflazione al 6% e un debito pubblico oltre il 125% del Pil, quello sì pericoloso, la Russia ha un debito pubblico pari al 20% del Pil, che può liquidare con le quote da 10 euro a famiglia pagate mensilmente per la pulizia delle scale da chi abita negli ex blok dell’Urss. In compenso, S&P ha declassato i titoli delle banche italiane in Russia da bbb a bb+ con Outlook negativo, dimenticando che queste banche di fatto non prestano soldi, ma lavorano con i conti correnti attivi dei correntisti retail. Significa che la banca non fallisce, ma il declassamento degli asset comporta tassi altissimi per i rifinanziamenti di liquidità. L’interesse unico che unisce il mondo, insomma, è il business» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
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