Molti oggi discutono su questo primo accordo, seppur poco rappresentativo se rapportato alla produzione nazionale, sottoscritto qualche giorno fa da Confapi con alcune Op del distretto nord Italia. Occorre dire alcune cose, la prima è che un accordo come quello siglato a Piacenza prevede un prezzo non remunerativo per il prodotto italiano, la seconda che i termini di pagamento sono troppo lunghi e sicuramente andranno in contrapposizione con quanto previsto dalle nuove norme nazionali, la terza che i produttori, anche se assegnatari di titoli di aiuto, non hanno nessun obbligo di coltivare pomodoro per l’industria e pertanto possono liberamente programmare altre produzioni.
In linea generale, la considerazione più importante da fare è che la rappresentanza della parte industriale dovrebbe, prima di cercare di imporre condizioni contrattuali per la nuova campagna, pretendere dalle industrie associate il pieno adempimento degli obblighi assunti nella vecchia campagna 2011, giacché a tutt’oggi ci sono ancora “pendenze” verso la parte agricola per diverse decine di milioni di euro.
Confidiamo che l’Aiipa per il nord e l’Anicav per il sud riescano a svolgere il proprio ruolo con grande efficacia, portando i propri associati prima a regolarizzare ogni pagamento arretrato e poi a sottoscrivere un accordo che sia vantaggioso per tutti. La parte agricola, infatti, non può pagare le difficoltà di tutti i segmenti della filiera conserviera (dalla lavorazione al packaging, dalla pubblicità al diritto di scaffale) atteso che il valore del pomodoro all’interno della confezione rappresenta mediamente soltanto il 7-8% del costo totale.
Se l’unico fattore di abbattimento dei costi deve continuare a essere quello della materia, come Unimpresa saremo i primi a consigliare gli agricoltori italiani che è meglio non coltivare pomodoro per l’industria e orientarsi verso altre coltivazioni, poi gli industriali si arrangino con il pomodoro estero, magari cinese, e vediamo quanto prodotto finito non italiano riescono a collocare sul mercato.
Emilio Ferrara, segretario generale Unimpresa Agricoltura
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